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Rendere più semplice per i cittadini europei la possibilità di lavorare in un altro paese dell'UE favorendo la mobilità all'interno dell'Unione senza discriminazioni. E' l'obiettivo della nuova proposta di direttiva europea presentata dalla Commissione UE che intende affrontare il problema della scarsa consapevolezza delle norme UE da parte dei datori di lavoro, ritenuta come una delle principali cause di discriminazione fondata sulla nazionalità. Spesso, inoltre, i lavoratori stranieri non sanno a a chi rivolgersi per denunciare gli ostacoli all'esercizio del loro diritto alla libera circolazione.
La proposta di direttiva, che dovrà essere approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio UE, presenta un quadro comune generale di disposizioni e misure adeguate per superare gli ostacoli e facilitare un'applicazione migliore e più uniforme dei diritti conferiti dalla legislazione UE ai lavoratori e ai loro familiari che esercitano questo diritto.
Le nuove norme puntano, ad esempio, a creare punti di contatto nazionali per fornire una migliore informazione, ma anche assistenza e consulenza, ai lavoratori migranti e ai datori di lavoro dell'UE sui loro diritti. Consentirebbero, inoltre, a sindacati, Ong e altre organizzazioni di avviare procedimenti amministrativi o giudiziari per conto di singoli lavoratori nei casi di discriminazione.
Più informazioni e meno ostacoli, sono queste le principali richieste che arrivano dai cittadini europei. Non a caso, attualmente solo il 3% della forza lavoro dell'UE, ossia 9,5 milioni di persone, vive e lavora in un altro Stato membro. E chi desidererebbe lavorare in un altro paese spesso viene frenato dal timore di difficoltà nell'accedere ad un posto di lavoro o ai benefici sociali.
Da un sondaggio Eurobarometro del settembre 2011 emerge che il 15% dei cittadini europei non prende in considerazione un lavoro in un altro Stato membro perché ritiene che vi siano ancora troppi ostacoli. Come, le diverse condizioni di assunzione, i requisiti di nazionalità per accedere ad alcuni posti, le diverse condizioni di lavoro (come le retribuzioni, le prospettive di carriera e di livello). Impedimenti che non solo limitano le possibili esperienze professionali di ciascun cittadino, ma danneggiano l'Europa nel suo complesso. Perchè, come ha spiegato il Commissario all'occupazione e agli affari sociali Laszlo Andor, "la mobilità del lavoro è una soluzione vincente per tutti, sia per gli Stati membri che per i singoli lavoratori coinvolti".
Secondo la Commissione, nel 2012 il gruppo nazionale più numeroso che ha lavorato e risieduto in un paese dell'UE diverso dal proprio è il romeno con 1,212 milioni di lavoratori (pari al 13% della forza lavoro nazionale), seguito dal gruppo polacco con 1,016 milioni (il 6,5% della forza lavoro in Polonia) e italiano con 672.200 lavoratori (il 3,0% della forza lavoro della Penisola).
Per saperne di più:
La proposta di direttiva sul sito dell'Unione Europea