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L'economia europea ha bisogno di far crescere la mobilità del lavoro, vale a dire la volontà e la capacità dei lavoratori di cambiare attività o di spostarsi verso altre regioni per motivi professionali. E' quanto emerge da una recente relazione congiunta UE-OCSE.
Con un previsto calo della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) di ben 7,5 milioni di persone tra il 2013 e il 2020, per restare competitiva l'Unione Europea deve utilizzare meglio le competenze degli immigrati.
La relazione UE-OCSE evidenzia l'importanza della mobilità professionale e dei flussi migratori per affrontare le sfide demografiche e il fabbisogno di competenze in Europa. Per mitigare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione serve inoltre colmare il divario uomo-donna e attrarre un maggior numero di giovani e anziani nel mercato del lavoro.
Sebbene numerosi Paesi europei registrino una disoccupazione persistente e una crescente ostilità nei confronti dell'immigrazione, molte aziende fanno già fatica a soddisfare le loro esigenze di personale attingendo esclusivamente alla manodopera locale.
Da una recente indagine promossa da Eurofound emerge che il 40% delle imprese europee hanno difficoltà a trovare lavoratori con le competenze richieste. Stando ai dati disponibili, nel prossimo decennio il fabbisogno di manodopera si concentrerà in professioni specifiche che richiedono competenze intermedie o elevate. Per rispondere alle future esigenze, la relazione delinea tre risposte programmatiche complementari:
La relazione sottolinea la necessità di eliminare gli ostacoli alla mobilità del lavoro, perfezionando gli strumenti per far incontrare domanda e offerta di qualifiche, favorendo il riconoscimento dei diplomi stranieri e fornendo una formazione linguistica adeguata alle competenze degli immigrati nei paesi di destinazione.
Per saperne di più:
Mobilità dei lavoratori, le politiche dell'UE